Come farti amica la tua paura più grande? Ascoltando il tuo «daimon» interiore.
Risvegliare il proprio daimon e poi ascoltarlo, dialogarci, non averne paura, per raggiungere una vita felice e in pienezza. Semplice? Affatto. Ma grazie alla rilettura in chiave immaginale è possibile andare alla fonte della conoscenza del Sé, ovvero la nostra anima. Ecco come…

Per raggiungere la felicità, ci attende un cammino verso la conoscenza di noi stessi che deve avere inizio con la scoperta del nostro daimon, poiché senza la guida interiore la ricerca di sé rischia di essere vana. Per connetterci con la voce del daimon dobbiamo però silenziare il brusio del mondo, liberandoci dall’ossessiva voce della mente che pensa, analizza, calcola, riflette, giudicando e separando.
Pare facile, detto così. Ma come si fa a silenziare la mente? «Zittire la mente è il solo modo per ascoltare il daimon. Il contatto con la natura, la meditazione e tutte le discipline spirituali e artistiche che ci liberano dall’ansia e dalla paura – di cui il discorso mentale si nutre – possono aiutarci a raggiungere lo stato di non-mente, che è la condizione in cui il daimon si ode chiaro e forte.
Il daimon non comunica attraverso le parole né per mezzo della mente: i suoi veicoli sono l’emozione, il cuore, la passione e l’immaginazione. Perciò, per agire in conformità con i precetti del daimon – che sono le leggi del cuore –, dobbiamo immaginare prima di pensare».
Come dialogare con il proprio Daimon
Ascoltare il proprio daimon è più semplice e comune di quanto si pensi: attraverso le piccole e grandi cose che ci accadono possiamo sentire la sua voce. Iniziare a dialogarci, invece che combatterlo, significa farsi co-creatori del proprio destino, cessando di esserne vittima.
Hai paura del tradimento?
Ci sono molti modi per tradire. C’è il tradimento dell’ intimità, quando il tuo compagno o la tua compagna decide di unirsi a un’altra persona. C’è il tradimento del ruolo, quando la persona che è con te pensa a qualcun altro e vorrebbe essere con qualcun altro, anche se per mille ragioni, dalla codardia alla pigrizia, all’incertezza, continua a rimanere con te. C’è il tradimento dell’amore filiale, quando il genitore che ami e che, come ogni bambino, veneri sopra ogni cosa, dopo averti promesso una giornata insieme, preferisce dedicare il suo tempo a soddisfare i propri bisogni egoistici, lasciandoti con la tata di turno. C’è il tradimento della fiducia, quando un collaboratore a cui hai aperto lo scrigno dei dati più importanti della tua attività, te li sottrae e ti volta le spalle.
Per quanto tu soffra per via di un tradimento, è sul darti che devi concentrarti; per quanto tu possa sentirti affranto e sconfitto, devi chiederti: che cosa posso dare, a che cosa posso servire ancora?
Hai paura del fallimento?
Anarchia e ribellione, sono una forma d’amore. Quando ti ribelli, lo fai perché sei innamorato: della vita, di qualcuno, di un ideale, di qualcosa che vuoi liberare o salvare. Ma, quando ti ribelli, uno spirito menzognero può ingannarti, inducendoti a pensare che il nemico contro cui combattere è fuori e non dentro di te. La storia dell’umanità ci propone un modello eroico ma perdente: l’anarchico è affascinante, ma alla fine muore sempre. Se hai una natura ribelle, ma non hai la forza del ribelle di mutare il modello comportamentale, diverrai vittima dei tuoi stessi comportamenti, perché a questo ti condanna il codice con la quale la psiche individuale e collettiva è programmata. Così, fallimento e vittimismo finiranno per farla da padroni nella tua vita.
Hai paura dell’abbandono?
Rallegrati, è il momento per te di non essere più vittima di quanto ti è accaduto, ma di scoprire negli eventi del passato una porta magica che ti introdurrà in un mondo pieno di tesori, dove puoi acquisire doti, talenti, abilità e strumenti. Quando non sei voluto, quando qualcuno vorrebbe “cancellarti”, la cosa migliore che tu possa fare è amare costui e il suo destino. Le cose che ti accadono sono sempre messaggi dell’anima. Qualcuno vuole farti sparire? Molto bene, significa che puoi diventare invisibile. Puoi scegliere, devi scegliere: passare la vita a lamentarti di non essere riconosciuto o risvegliare il tuo potere nascosto. Ma prima è necessario che tu sappia di avere una scelta. Non raccogliere l’eredità di chi non vuole dartela, non avere paura di ricominciare ogni volta da capo, non piangere ciò che non hai avuto, ma fai della mancanza il tuo dono più grande. Agisci solo per amore: questo è il cammino che ti porterà a ribaltare i tratti vittimistici del tuo destino e a renderli le tue armi.
Ti senti sopraffatto dall’ansia e dalla paura?
La paura ha a che fare con la visione e la consapevolezza, che sono veri e propri poteri. Vedere oltre, percepire l’invisibile è scorgere la morte, il futuro inevitabile di ogni vivente. Ma, insieme alla consapevolezza della morte, esiste anche il superamento della paura. La luce che illumina il buio e mostra l’invisibile, è ciò che fa più paura. Superare la paura è accettare fino in fondo la sfida di guardare nell’ invisibile, trovandovi dapprima la morte e poi la soluzione alla morte. La guarigione, infatti, passa attraverso la dimensione della morte, cioè dell’ invisibile, perché solo in esso vi è il segreto della malattia. La morte nutre la vita. Parla della paura di ricevere un dono non comune, ovvero di poter vedere nell’ invisibile. A volte, noi esseri umani, abbiamo gli occhi così puntati sulla morte che ci rifiutiamo di vivere.
Hai paura della separazione?
Ti sarà capitato tante volte nella vita di coppia di passare sopra a delle incomprensioni pur di preservare il rapporto. Ma la verità è che, decidendo di non affrontare le questioni, la comunicazione si incrina e siccome ogni relazione intima è come una diga che, se si crepa, prima o poi crolla, travolta dalla potenza stessa dell’acqua che doveva contenere, tempo qualche mese non vi riconoscerete più, e sarete diventati come due estranei che vivono sotto lo stesso tetto. Le relazioni si sciupano, finiscono, a volte lo vuoi, a volte succede e basta. Si soffre e poi ci si asciuga le lacrime, ci si medica le ferite e si va avanti. Può succedere, però, che la ferita non si rimargini, e questo accade quando un senso di colpa permane, come se la freccia che ti ha colpito fosse intrisa di veleno. Non si può guarire da questo dolore, se non passando per il risveglio del Sé. La persona che si ama ha lasciato una memoria fisica dentro di te, la sua essenza fa male, fa proprio male nel corpo. Quando la sofferenza è così profonda da essere fisica, solo la disidentificazione della coscienza dal corpo può portarti alla guarigione. Nella sofferenza del corpo la mente si dispera, perciò serve anche disidentificarsi anche dalla mente. La conoscenza profonda dell’emozione legata alla separazione è così potente, da consentirti di sviluppare questa consapevolezza, la quale non solo ti guarirà dalla ferita dolorosa del passato, ma farà anche sì che in futuro non ci sia più bisogno altre separazioni dolorose: hai compreso, sei sveglio, presente, libero, l’insegnamento è terminato, puoi amare senza paura.
Provi sensazioni come tristezza o rabbia?
Quando l’anima selvaggia è forte, ruggisce da dentro, è bene conoscerla, familiarizzare con essa, accarezzarla dolcemente, affinché si calmi e, sentendosi accolta e amata, si renda uno strumento prezioso.
Hai l’anima ferita?
Troppo spesso nel nostro mondo gli individui perdono l’anima poiché si affidano al mero calcolo mentale. Pensano di poter valutare il vantaggio e lo svantaggio personale unicamente basandosi sul ragionamento utilitaristico al quale si arriva estremizzando i valori dell’Io, del codice cerebrale. Quando una persona calcola ciò che è opportuno fare unicamente con la ragione, separandosi dall’istinto, dal cuore e dalla fede, che sono poteri dell’anima, finisce per calcolare non il proprio autentico vantaggio - che sempre coincide con il bene dell’anima- bensì il vantaggio del mondo. Ma sulla base del calcolo mentale, per esempio, si nega l’istinto e si rifiuta un partner solo perché giudicato non all’altezza della mente razionale e invece ci si accoppia con qualcuno ritenuto capace di dare supporto, sostegno, ma che poi, negli anni, si rivela essere la persona sbagliata. Oppure si sceglie un percorso di studi o una carriera sulla base del calcolo di ciò che può essere più utile per trovare lavoro, mettendo da parte la passione e, dopo qualche decina di anni, ci si rende conto di aver fatto un clamoroso errore. Perdere l’anima seguendo il calcolo mentale e trovarsi a vivere una vita non appagante non è inconsueto. Recuperare l’anima, invece, è eccelso ma raro. Si tratta di un operazione semplice, perché naturale, eppure non facile perché abbiamo una mente, la quale è un cumulo di informazioni che chiamiamo cultura. La nostra cultura è squilibratamente patricentrica. In pratica è questo squilibrio ciò che determina la perdita dell’anima.
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