“Tutte le cose sono impermanenti perchè sono anima. E l’anima è invisibilità. Se le cose in natura non svanissero non avrebbero il pathos che hanno: è proprio la capacità di svanire che dà loro pathos, emozione. Morire, in tal senso, significa andare incontro all’invisibile.”

Dal punto di vista razionale, il concetto di morte implica la fine della vita: questa prospettiva mette l’attaccamento al centro della proprie identità e del mondo terreno, dimenticando la relazione fra tutto ciò che svanisce e il Tutto. Eppure la morte non presuppone una fine, ma una trasformazione. Un costante divenire che permette a ciò che svanisce di diventare immortale.
Esiste inoltre un collegamento fra la morte e l’impermanenza e fra quest’ultima è la bellezza della vita, l’amore, il darsi, l’offrirsi. Ovvero il pathos delle cose che svaniscono.
La morte scatena la paura nella maggioranza degli esseri umani. La paura tuttavia nasce dalla non-consapevolezza e dall’attaccamento all’io. “Chi ha paura è governabile, prevedibile e misurabile. Chi non ha paura non serra le porte dei propri sensi, non si rintana nel proprio io, non si chiude alla visione sottile, non contrae i canali percettivi, allora vede il visibile e l’invisibile e conosce la vera natura di tutte le cose.”
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