Come trasformare le ferite fisiche ed emotive in crescita e cambiamento

Quante volte ci sentiamo vittime di problemi e di un destino di fronte a cui sembriamo impotenti?

Quando il dolore bussa alla porta delle nostre emozioni, è difficile comprendere e accettare. Al contrario, è facile anestetizzare i sintomi del male con diversivi e palliativi, passare oltre pensando di avere messo un punto. Tuttavia quel dolore, apparentemente rimosso, ritorna puntuale e spesso più forte di prima. Eppure esiste una strada meno semplice, ma risolutiva. È quella della consapevolezza di sé, della bellezza, dell’amore, per la quale l’antica arte giapponese del kintsugi è di ispirazione ed esempio: è l’arte di riparare gli oggetti rotti con l’oro.
In senso molto lato il kinsugi è l’arte di riparare le nostre fratture dell’anima con l’oro della consapevolezza, l’abilità di fare delle nostre ferite fisiche ed emotive un prezioso patrimonio di forza e possibilità.

Oggigiorno, quando qualcosa si rompe, si tende a buttarlo per far spazio al “nuovo”, che si tratti di un vaso di un bicchiere o di una relazione, il vecchio viene eliminato, un usa e getta quasi compulsivo e senza senso perché riparare qualcosa che si è rotto è un modo per riconoscerne il valore. Che si tratti, appunto, di un vaso o di sentimenti.
Culturalmente, affrontare le nostre imperfezioni, le mancanze, i vuoti, ci spaventa. Questo accade perché non siamo capaci di vedere in queste fragilità la nostra vera bellezza.

L’accettazione consapevole di una vita asimmetrica e transitoria ci conduce verso un’esistenza più semplice e soddisfacente. Senza ansie né paure, ma con umiltà e amore, avremo tutta l’energia necessaria per comprendere la bellezza e la complessità del mondo.

Abbiamo perduto il senso vero dell’esperienza estetica della bellezza, abbiamo costruito un’immagine artificiale di bellezza, che non ha nulla a che vedere con l’anima e con la natura.

La natura è bellezza e la bellezza si esprime attraverso imperfezione, fragilità, evanescenza, ombra, mancanza. L’omologazione dei valori estetici ha portato alla creazione di falsi ideali di bellezza che inducono le persone a ritenere difetti le loro diversità.

Sempre più frequentemente siamo in fuga dalla verità, l’essenza dell’anima ci spaventa perché, spesso, si presenta sotto forma di imperfezioni. Noi aspiriamo a non frantumarci mai, a non vedere le nostre fragilità, ma questo non è possibile. Dovremmo aspirare a frantumarci in modo dolce e consapevole, non senza dolore, ma con un dolore dolce, quello che ci eleva e ci nobilita, non quello che ci fa soffrire.

La fuga dal dolore ci porta a diventarne vittima.

Il primo passo da fare per riparare le ferite con la consapevolezza dell’oro è riconoscere la rottura senza averne paura, che non è sempre così scontato.

La paura è come uno spasmo che chiude, inibisce tutti i sensi. La paura è una conseguenza del giudizio mentale, una morale utilitaristica su cui si fonda il mondo e che categorizza qualsiasi cosa. Secondo questo principio di categorizzazione, le crepe, le rotture, le ombre e l’irrazionale sono il male. Tutto ciò che è comprensibile alla mente rappresenta, invece, il bene. È necessario imparare a infrangere queste regole, a trasgredire. Ricordiamoci che le certezze sono le nostre più grandi bugie. Se sciogliamo queste credenze riusciamo a non essere vittime del dolore e a riparare le crepe dell’anima con la consapevolezza dell’oro.

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